Non ricordo come e perché sia iniziata la mia passione per il calcio e per le maglie indossate. Per ovvi motivi tutto è partito con il mio avvicinamento al calcio, neanche troppo precoce (d’altronde nessuno della mia famiglia era un appassionato), e così ho iniziato poco alla volta a seguirlo tramite mezzi di comunicazione, tempi e modi di fine anni ’80 – inizi anni ‘90. Le partite si giocavano ancora tutte di domenica pomeriggio e, prima di “90° minuto”, si potevano immaginare i gol solo ascoltando la radio. Erano i tempi in cui alla fu “Coppa dei Campioni” partecipava solo la squadra campione d’Italia e si giocava il mercoledì. Ricordo proprio da neopatentato una manovra di parcheggio affrettata che ho fatto con la Y10, la mia prima auto, per correre davanti alla TV a vedere una importante partita che mi ha lasciato in ricordo un bello sfregio sulla fiancata. Le squadre italiane dominavano tutte le competizioni europee, come nel 1990, con mio zio che si rammaricava della mancata vittoria della Coppa del Mondo che avrebbe portato l’Italia a detenere tutte le coppe calcistiche in palio quell’anno. Sì, sicuramente il mio feeling con il calcio è partito con Italia ’90.
Poi mi sono avvicinato allo stadio Renato Dall’Ara, enorme monolite, comunque aggraziato, costruito nel ventennio fascista e ancora dotato di grandissimo fascino nonostante le condizioni fatiscenti e i maldestri interventi di riqualificazione dei mondiali. Una partita, due, poi l’abbonamento al Bologna. Una stagione dopo l’altra, tanti dolori e poche gioie, ma in entrambi i casi forti sensazioni. Quello sterminato prato verde, la torre di Maratona, lo stadio pieno, le maglie delle squadre, i tifosi colorati, gli sfottò tra tifoserie avversarie. Tutte sensazioni e immagini delle quali non ho più potuto fare a meno. Intendiamoci, non sono un tifoso sfegatato, ma trovo che il calcio sia uno sport bellissimo e sono felice di tifare per il Bologna, la squadra della mia città che gode di grande blasone, anche se purtroppo costruitosi in tempi non recenti. Allo stesso tempo non sono un integralista: il calcio mi piace a tutto tondo e, più o meno, mi interesso un po’ di tutte le squadre, pur avendo come squadra del cuore quella rossoblù.
Ecco, tra i vari ingredienti dei quali parlavo ci sono le maglie delle squadre. Si comincia acquistandone qualcuna in negozio, poi pian piano la passione aumenta e si passa, quasi naturalmente, a quelle indossate. Forse non tutti sanno che, per la maggior parte delle squadre, le maglie indossate si differenziano da quelle da negozio anche solo per piccoli particolari, che cambiano di anno in anno. Ci sono appassionati preparatissimi che sanno a memoria per ogni stagione sportiva le caratteristiche precise delle maglie usate dalle squadre. Quando ho pensato a questa mostra e ho parlato a qualcuno della mia collezione di maglie indossate o comunque “da campo” (termine che io uso e che preferisco all’inglesismo match worn) ci sono state le reazioni più disparate, positive ma anche negative: per alcuni è un collezionismo da feticisti, per altri è una semplice raccolta di maglie da calcio. Beh, di feticista non c’è proprio niente: io di non lavato non tengo nulla, ma soprattutto mi infastidisce la banalizzazione della maglia da calcio. La maglia da calcio ha tanti significati nella sua natura:
- c’è una festa di colori che rappresenta la storia di ciascun club: solitamente questi derivano da storie personali dei fondatori, dai loro collegi di provenienza o addirittura dai filati meno costosi al momento della fondazione (parliamo di inizi ‘900);
- ci sono migliaia di storie di calciatori legate alle loro gesta atletiche, alle loro vittorie ma anche alle loro vicissitudini personali, tanto più affascinanti quanto più si va indietro nel tempo;
- ci sono i tifosi che, negli anni, hanno seguito le proprie squadre del cuore allo stadio o con ogni mezzo di comunicazione possibile in quel momento storico;
- ci sono le tecnologie di realizzazione, tecnologie sempre più evolute e sempre meno fascinose: dalla lanetta “bucherellata” ai tessuti supertraspiranti. L’avvento degli sponsor, le tecniche di marketing per vendere sempre più uniformi, il passaggio dalla consuetudine di utilizzare una maglia per più stagioni (con i giocatori che se le lavavano da soli), a quella di avere a disposizione tre maglie a partita. Specchio del tempo che passa e dell’ evoluzione della società.
Molto di più di una banale maglia da calcio sudata.
L’idea di realizzarne una mostra aleggiava nell’aria già da qualche tempo e finalmente, grazie a tante persone che hanno dato il loro aiuto, è diventata realtà. Il tutto è stato realizzato in corrispondenza del premio Bulgarelli, anche grazie alla gentile collaborazione della famiglia del calciatore.
Ho tenuto molto ad allestire questa mostra nel 2014 trattandosi del 50° anniversario dell’ultimo scudetto del Bologna, ricorrenza felice e triste allo stesso momento. Felice perché è un momento di gloria che va ricordato e tramandato a coloro (me compreso) che non hanno avuto la fortuna di viverlo, e triste perché cinquant’anni sono tanti e sono lì a ricordarci che il Bologna Calcio purtroppo non ha fatto differenza da tanti altri aspetti della nostra città, allontanandosi dai lustri di un tempo. Cerchiamo però di prendere anche da questo la spinta per ripartire a livello calcistico e cittadino, per tornare a essere l’esempio che eravamo.
Di quello scudetto però ho respirato anch’io il profumo, e l’organizzazione di questa mostra mi ha dato la possibilità di incontrare tre dei protagonisti di quella gloriosa annata: Janich, Pascutti e Pavinato, in rigoroso ordine alfabetico. Di loro, che fino a prima dell’incontro erano solo i nomi recitati a memoria da mio zio declinando la cantilena della formazione scudetto, non ho purtroppo potuto apprezzare le doti tecniche in campo ma solo la grande personalità nonché disponibilità, per la quale li ringrazio.
“Fede calcistica” non pretende di essere esaustiva (oltretutto per problemi di spazio non tutte le oltre 300 maglie potranno essere adeguatamente esposte in sala), semplicemente raggruppa le maglie che sono riuscito a collezionare in un decennio abbondante, completate da quelle del mio amico Federico V. Il nostro nome in comune ci ha ispirato per il titolo della mostra stessa. Buona visione!Federico M.
Bologna – Febbraio 2014